La storia della Chiesa è sicuramente da collegare alla storia della scultura lignea del S.S. Crocefisso di squisita fattezza, eseguita da Fra Innocenzo da Pietralia (1592-1648) in essa custodita. Proprietario del Simulacro fu il Marchese Ippolito Della Rovere signore d’Urbino, che dopo la sua morte nel 1638, lo lasciò in eredità alla figlia Livia, che a sua volta lo assegnò nel luglio del 1646 con rogito del Notaio Gabrielli all’Abbate Commendatario Giovanni Battista Della Rovere, il quale lo donò alla comunità laurentina, con la clausola di collocarlo provvisoriamente in un altare laterale dell’Abbazia e di preparare nel frattempo una nuova Chiesa. Nel 1650 il consiglio comunale si adunò per decidere l’acquisto di un appezzamento di terreno, adiacente ad una piccola cappella rivolta verso l’attuale via Garibaldi poi abbattuta, per poter costruire un edificio più ampio che potesse accogliere degnamente il S.S. Crocefisso.
Nel 1680-81 la Chiesa fu ultimata, sul terreno di un certo Diomede Novelli, utilizzando anche il materiale raccolto in quel luogo di un vecchio ospedale. Nel 1864 i Padri Cistercensi ampliarono ulteriormente la Chiesa sino a raggiungere i bordi dell’attuale viale Regina Margherita e a testimonianza di ciò posero una lapide sopra la porta d’ingresso con la seguente dicitura: “In questo segno vincerai – o Croce, ave unica speranza 1864”.
A San Lorenzo in Campo a questo Crocefisso sono state attribuite facoltà miracolose a Lui e stato riconosciuto il merito della vittoria dei laurentini sulle truppe francesi nella battaglia del 6 marzo 1797 detta del “Ponte Rotto”. La scultura piacque molto anche a San Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, dinnanzi alla quale pregò, ed in una sua lettera inviata al Duca Della Rovere si congratulò con lui per possedere un tale tesoro. L’immagine fu scolpita da Fra Innocenzo da Pietralia, che nacque a Pietralia Soprana in Sicilia nel 1592, poche sono le notizie che riguardano la sua vita, non si sa chi sia stato il suo maestro d’arte, quando e dove sia entrato nell’Ordine, quali rapporti ebbe con gli altri artisti siciliani e italiani. Scolpì varie Madonne e Crocefissi a Palermo, a Messina, a Napoli ed a Roma; nel 1636 lavorai in Calabria e poi nelle Marche dove nacquero i Crocefissi di Gradara (Chiesa di san Giovanni), di Cagli (Chiesa del S.S. Crocefisso), di San Lorenzo in Campo (Chiesa del S.S. Crocefisso), di Ascoli Piceno (Chiesa di San Savino).
Fra Innocenzo da Pietralia aiutato probabilmente da un apprendista, facilitato dalla sua non comune preparazione, non solamente artigianale; ma anche per la sua conoscenza dell’anatomia umana, riusciva a creare con rapidità sorprendente le immagini prima meditate nel suo animo profondamente mistico.
Le sue icone hanno una certa larghezza espressionistica e piuttosto pittorica. Nel 1637 è ad Assisi ove scolpisce un Crocefisso per il convento di San Damiano, poi è a Gubbio ad Ascoli Piceno ed infine a Loreto. Toma nel 1638 in Sicilia dove eseguì altre opere, successivamente si recò anche a Malta love realizzò delle sculture lignee; senonchè per venerare profondamente i luoghi Sacri della passione del Signore si recò in Terra Santa. Ritornò in Sicilia ove morì il 20 Dicembre 1648. Il nostro Crocefisso, sofferente nella carne, ma bello nel volto, con un vaghissimo mesto sorriso che sembra mutarsi in una spettrale angoscia, se lo si osserva da un altro punto d’osservazione, ha sicuramente un indubbio valore artistico.
L’Immagine sacra viene scoperta solo quattro volte l’anno.
Nella navata centrale del Santuario del S.S. Crocefisso, dal Prof. Diomede Catalucci, nel 1922 sono stati decorati sei grandi quadri: i quattro evangelisti nei quattro pennacchi della cupola ed in alto le figure degli angeli; nella navata scene velate a tinte opache sull’infanzia di Gesù.
Le decorazioni sono esposte in bella armonia nei soffitti e nelle pareti; gli angeli della cupola tutti decorati da rose giocano tra ombre e luci ricordando una pittura vagamente simbolista. Diomede Catalucci nasce nel 1859, si forma a Perugia e tra il 1890 e il 1896 insegna nell’Istituto d’Arte di Urbino ove decorò il caffè centrale e il teatro R. Sanzio.
Restano del Catalucci il progetto, mai realizzato di sistemazione della cappella di Sant’Antonio da Padova; morì nel 1943. In uno degli altari laterali della Chiesa è sistemata una tela che raffigura san Giacomo Apostolo e San Filippo Neri commissionata da Don Giacomo Farebbi a Dal Rosa diurna nel XVIII secolo.
Nell’altro altare è stata fatta eseguire da Don Domenico Coli al pittore Laudati di Perugia nel XVIII secolo una tela raffigurante San Francesco Saverio, Santa Liberata e Santa Teresa. I due medaglioni ovali sistemati ai i lati dell’altare furono donati e fatti eseguire dall’Abbate Alberti che curò anche l’ornamento dell’altare maggiore e donò una piccola reliquia della Santa croce e due candelieri d’argento. Attualmente le due antiche tele sono state sostituite, per preservarle da furti, con due dipinti di Fiorelli Vittorio che prendendo probabilmente l’ispirazione dai personaggi del film di Zeffirelli “Gesù di Nazaret” ha rappresentato il Volto del Cristo sofferente e la Madonna Addolorata.